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**Kinship** |
Lectures, performance |
Concetti chiave: |
1. Tutto tranne che una scuola |
2. Multidisciplinarità |
3. Società |
4. Empowerment |
5. Benetton |
6. Toscani odi et amo |
7. Connessione emotiva, “my life started when i came here” |
8. Dare fiducia, anche di sbagliare |
La villa e Tadao Ando |
Inaugurazione 2000 (sovrintendenza etc) |
Barchese, villa anomala distrutta, ristrutturazione più nuovi elementi |
L’agorà e la biblioteca 10k libri (Fabrica, Archivio Benetton, Fondazione Benetton), l’ovale |
Colors |
Fabrica cinema |
Batman: |
- very hard (Toscani) |
- I learned things i used later |
- Learning by doing |
- “Its amazing to do a mistake” |
2 designer |
- vignelli |
- Learning by doing (anche Casas, con progetto ristorante a Venezia) |
Carlos 1998 |
- “Quando sei a Fabrica cammini un sacco” |
- “Ando diceva che deve essere una scultura dove le persone si incontrano” |
- Ora c’è più una idea di resistenza artistica |
- Ristorante ibrido, quando aveva 22-3 anni, “ti metti a lavorare come un matto”, fiera dei prodotti funerari di Vicenza |
- “Un luogo che crede in te” |
- C’è gente che fa il postino, il commercialista |
~==Cosa ne sarà di questo posto?==~ |
Il loro talento, una volta entrati, veniva fatto esplodere a contatto con la multidisciplinarità e un contesto formativo tutto tranne che ortodosso. Tanti entravano con studi di grafica, |
# Estate italiana: il mito di quella anni 90, in dieci “cose” che la raccontano |
Le ultime estati di un millennio. Difficilmente avresti pensato che erano davvero la fine di un’epoca. Gli anni Novanta sono stati la coda critica degli Ottanta, quelli di una sofferenza intelligente che trovavi sotto la pelle dell’edonismo e dell’esagerazione del decennio precedente. Gli anni in cui l’underground è diventato mainstream (vedi il grunge), in cui l’elettronica consolida una presenza nelle nostre vite (anche nella musica), gli anni della Guerra del Golfo (la prima), delle bolle delle dotcom. Per gli italiani sono le estati dei mondiali di Baggio, in patria e poi negli Usa soprattutto, delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, delle lunghe cronache di Mani Pulite che sembrava non fermarsi mai, dell’Avvocato che si tuffa dalla barca e Berlusconi che si è tuffato in politica. |
Sono estati di un Occidente che crede nella crescita infinita, in cui se vuoi puoi farti rintracciare grazie ai cellulari che sono diventati una cosa che hanno tutti, anche i ragazzi; ma se lo tieni spento non è poi così strano. Nessuno parla ancora di “disconnessione”. Il lavoro te lo sei lasciato a casa in città, la coda al casello è sempre quella. Un’estate barbarica come quella del 2001, segnata dalle violenze del G8 di Genova prima e dalla caduta delle Torri di New York poi, è dietro l’angolo. Il mondo non sarà più un posto così facile, ma nessuno lo può immaginare. Come nessuno può immaginare che sempre nel 2001 l’iPod aprirà di fatto le porte al mondo del nuovo millennio, quello in cui c’è più di te dentro al tuo dispositivo che in te stesso, ancora un po’. Ma c’è ancora tempo, le auto elettriche restano un sogno della fantascienza e i voli low cost sono una grande novità, il biglietto te lo stampi e forse il posto non è neanche assegnato. |
Soprattutto, l’unico modo per socializzare è uscire di casa. La casa è un’oasi di pace. La tv ha ancora un ruolo fondamentale. Ci sono degli orribili show, delle serie che non hanno niente a che vedere con quelle che guardiamo ora e ti segni in agenda (di carta) quando c’è un bel film la sera. Di notte fonda ci sono le repliche di X-Files e Star Trek e sulle emittenti private programmini hard e televendite. Le fotografie erano su pellicola, i tuoi genitori organizzavano sessioni di diapo delle vacanze che estenuavano i loro amici. Tu più banalmente mandavi una cartolina, magari un po’ osé, così mettevi in imbarazzo gli amici. In motorino si girava con il casco e in macchina con la cintura allacciata, ma era una cosa nuova, un po’ come gli skate e i roller che vedevi scorrere in città. Eri uscito vivo dagli anni Ottanta, alla faccia della canzone degli Afterhours. E sembrava che tutto potesse andare solo meglio. |
# Abbiamo provato lo smartphone che fa i ritratti come lo Studio Harcourt |
Il nuovo Honor 200 Pro ha un sistema di intelligenza artificiale che ricrea l’estetica unica dello studio ritrattistico parigino. Ecco come è stato creato e quali sono i risultati. |
Di Redazione Domus |
foto: [FOTO HONOR GALLERY ALTA](https://we.tl/t-4ayRf9RU0f) |
Studio Harcourt è uno studio fotografico fondato a Parigi nel 1934. I suoi ritratti in bianco e nero hanno fatto storia. Per la particolare tecnica impiegata, quel chiaroscuro che è diventato un marchio di fabbrica. E per le personalità ritratte, da Marlene Dietrich a Edith Piaf, da Jean Cocteau a Roger Federer. Un simbolo di eleganza e stile fuori dal tempo. Oggi quegli scatti unici diventano alla portata di tutti. Succede grazie al marchio globale di tecnologia Honor e alla nuova serie Honor 200 di smartphone, pensati proprio per la fotografia ritrattistica. |
Così, l’Honor 200 Pro non ha soltanto una fotocamera da 50MP ottimizzata per catturare ritratti con attenzione particolare ai dettagli anche in condizioni di illuminazione difficili, ma anche il motore AI Portrait, co-ingegnerizzato con Studio Harcourt, sfrutta l'esperienza dello studio nell'uso della luce e delle ombre, integrandola con le capacità di intelligenza artificiale di Honor. |
Per sviluppare il motore, il team di Honor ha lavorato con Studio Harcourt per oltre 400 giorni, analizzando migliaia di scenari e set di dati, al fine di garantire che l'essenza della fotografia ritrattistica di Harcourt potesse essere catturata sugli smartphone. |
Abbiamo avuto la possibilità di provare l’Honor 200 Pro in studio e per le strade di Parigi: le foto e il reel che vedete sono il risultato di questa esperienza. |
# Stiga: come si progetta il giardinaggio |
Abbiamo visitato gli hq dell’azienda di utensili da giardino per capire come vengono progettati, in un momento in cui il giardinaggio “is blooming”, sta sbocciando, come racconta Stiga. |
Di alessandro Scarano |
foto: ~[SwissTransfer - Send large files securely and free of charge](https://www.swisstransfer.com/d/2ece4ecd-872f-4328-878e-078696d0a061)~ |
Nel pieno della porzione trevigiana della campagna veneta, due robot tagliaerba si inseguono senza mai raggiungersi, tracciando con lenta costanza traiettorie che appariranno forse casuali all’occhio umano, lasciando perentoriamente dietro di sé scie d’erba rasate alla perfezione nel grande prato inequivocabilmente perfetto (questo anche a occhio umano) che accoglie l’ingresso ai quartieri generali di Stiga, azienda leader nella cura del giardino. È un edificio moderno, con grandi vetrate e pochi anni di vita. Risale all’anno prima della sua edificazione, al 2017 la scelta di cambiare nome dell’azienda, lasciando indietro quello vecchio, Global Garden Products, trasformandosi in Stiga Group, portando così in evidenza il brand premium del gruppo; fondato in Svezia dal visionario imprenditore Stig Hjelmquist, Stiga quest’anno compie novant’anni. |
Sul retro del grande edificio, che si affaccia su una collina dove ulteriori robot tagliaerba compiono i loro giri, si arrampica sulla parete l’uva americana nella brutta stagione, il gelsomino dalla primavera. Durante la pausa pranzo riecheggia il suono del ping pong, come una eco lontana di quando Stiga, prima dello smembramento e dell’acquisizione, era un’azienda eclettica nell’outdoor e produceva le racchette da tennis tavolo per cui tanti conoscono il brand (oggi sotto il nome di Stiga Group, che non c’entra niente con le macchine da giardinaggio). |
Nella grande sede di Castelfranco Veneto, la principale del gruppo - le altre due sono in Slovacchia e in Cina - lavorano circa 800 persone. Di oltre 30mila metri quadrati, fatta eccezione per i 5 dedicati agli uffici e quelli del reparto di ricerca e sviluppo, il resto è fabbrica. E che fabbrica. Ogni cosa è automatizzata, qui. Un sofisticato sistema che viaggia attraverso la comunicazione wireless riscrive in tempo reale i settaggi degli avvitatori, rendendo agile e modulare quello che viene presentato come un “impianto flessibile con struttura flessibile”. Questo permette di sfalsare la produzione in base alle richieste stagionali - del resto i giardini seguono i cicli della natura e Stiga ovviamente lo fa con loro; da Castelfranco escono i prodotti high tech del gruppo, la media alta gamma. Una parte dell’impianto è dedicata alle batterie, fondamentale componente dei robot autonomi, i “roomba dei prati” di cui Stiga è uno dei produttori più importanti del pianeta. Le tecnologie della batteria e dell’automazione sono qui fondamentali, proprio come in una azienda di auto elettriche o di droni. |
Mettere piede nello stabilimento di Castelfranco è come entrare in uno di quei luoghi del futuro che non hanno bisogno di orpelli futuribili per essere già più avanti di tutti. Predominano invece la geometria, l’automazione e il controllo. E imperversa il minimalismo, chiara eredità del dna scandinavo dell’azienda. Ogni cosa è pulita, precisa, ordinata. |
Qui vengono prodotti i trattori e i tosaerba. E nelle stanze della ricerca e sviluppo, i prodotti di Stiga vengono maltrattati in ogni modo possibile, i robottini soprattutto, torturati fino allo stremo, ribaltati, fatti saltare, anche crivellati di simil proiettili, per saggiarne la robustezza. La natura sarà forse più dolce con loro, ma non di tanto. Ogni tanto si intravvede qualcuno della squadra r&d che prende appunti su un computer, poi scompare dietro un angolo. Camminando qui, si incontrano carrelli dove sono ordinatamente infilate le scocche gialle dei robot, come se fossero i vassoi di una mensa, mentre sui muri di tutta l’azienda si leggono inspirational quotes da Albert Einstein a Steve Jobs. |
In una grande sala riunioni al piano terra, luminosa e affacciata sul prato (con immancabili robot tagliaerba che sfilano al di là della vetrata), incontro James Cameron, Design and Innovation Director di Stiga, un ragazzone scozzese con una bella esperienza alle spalle che ha le idee precise e quadrate come il solido disegno della sua mascella. Innovazione, leggerezza e facilità d’uso sono gli elementi chiave che ha portato nel design di Stiga, oltre ovviamente a un riferimento costante ai valori del design scandinavo. Quando gli chiedo quali sono i progetti che l’hanno influenzato, non pesca da qualche edizione limitata di Memphis, ma afferma con sincera ammirazione “certi utensili da cucina”. |
Con lui parliamo a lungo di come l’elettrificazione sta radicalmente cambiando il mondo del giardinaggio, permettendo di costruire attrezzi automatizzati sempre più leggeri e puliti, che non hanno bisogno di carburante ma vanno per questo ripensati; Cameron è un amante dei dettagli e della funzionalità: un car designer vagheggerebbe sulla potenziale liberazione di certi vincoli delle carrozzerie negli EV, lui ti spiega nel dettaglio, passaggio dopo passaggio, come un handheld a batteria vada ribilanciato. |
Suo, tra l’altro, il design di uno dei prodotti più affascinanti di Stiga, il trattorino Gyro, che ribilancia la presenza umana su un veicolo di questo genere in una maniera che pare a dir poco futuribile. “Sono qui da 5 anni e la cosa fondamentale è stata quella di connettere il design, l’ingegnerizzazione e tutto quanto il resto”, spiega lui. Che ha un messaggio chiaro: il giardinaggio “is blooming”, sta fiorendo. E post Covid coinvolge una fetta sempre più grande di giovani che hanno riscoperto la natura. Progettare per loro dispositivi sempre più efficienti, accessibili e sicuri oggi è fondamentale. # Dyson Ontrac |
1. **Ascolta intervista James** |
Dyson Zone: eliminare l’inquinamento |